Protesi totale: un caso clinico complesso risolto secondo la metodica di GERBER
Ripristino della funzione masticatoria, delle proporzioni facciali e dell'estetica dentale e orale
di Vittorio Capezzuto
La paziente
Al momento della riabilitazione protesica illustrata in questa sede, la paziente Livia (Fig.1) aveva 65 anni. Lamentava la scarsa stabilità delle protesi totali nell'arcata superiore e inferiore, in particolare problemi dovuti alla marcata mobilità della protesi inferiore. Data la forte instabilità della mucosa, la mobilità della protesi inferiore causava intensi punti di pressione nell'area della piega mucolabiale con decubito parzialmente acuto nell'area sublinguale. Sia i riscontri clinici che radiologici evidenziavano una notevole atrofia ossea verticale del mascellare inferiore. Per ottenere una stabilizzazione protesica appariva indicata una soluzione implantare con overdenture, che si è deciso di realizzare. Allo stesso modo, occorreva ricostruire la protesi totale dell'arcata superiore, i cui denti posteriori erano fortemente compromessi dall'usura e causavano un significativo abbassamento del rapporto intermascellare verticale. Per il ripristino della funzione masticatoria è stata proposta alla paziente una ricostruzione provvisoria immediata sia superiore che inferiore, che la paziente ha tuttavia rifiutato per motivi personali. Su sua richiesta, la riabilitazione è stata quindi rinviata ad un momento successivo all'osteointegrazione degli impianti.
Descrizione della pianificazione protesica
La pianificazione protesica ha incluso un adattamento delle protesi pre-esistenti, il riallineamento del piano occlusale e il condizionamento della mucosa. Inoltre, sono state realizzate nuove protesi totali secondo la metodica di GERBER: per l'arcata superiore una protesi totale rimovibile a supporto mucoso, per l'arcata inferiore un'overdenture con sistema a barra SEEGER su impianti con connessione passiva. Queste soluzioni sono state scelte poiché più adatte alle difficoltà oggettive del caso da risolvere. Come materiali sono stati impiegati resina PMMA per le basi delle protesi, denti in composito nanoriempito (NFC+), una lega di CrCo per l'elemento ritentivo rigido e nylon per la ritenzione secondaria.
Fig. 1: Foto iniziale della paziente
Descrizione del caso
Dopo i preliminari esami obbligatori, si è proceduto all’inserimento di due impianti in regione mentoniera "ad modum BRANEMARK", dove il volume osseo era adeguato e non vi erano rischi a carico delle strutture artero-venose (Fig. 1A). Dopo un congruo periodo di osteointegrazione, si è proceduto all'intervento riabilitativo protesico per entrambi i mascellari. L'esame obiettivo locale evidenziava una riduzione in senso verticale dell’osso mascellare in regione anteriore, che era chiaramente riconducibile ad un'insufficiente pianificazione del piano occlusale e, quindi, ad un'incongrua distribuzione del carico masticatorio, un quadro clinico indicativo di sindrome di KELLY.
Inoltre, all’esame clinico si osservava una perdita della dimensione verticale per usura dei denti artificiali pre-esistenti e all’esame meramente fisiognomico si evidenziavano proporzioni tra parte superiore e inferiore del viso definibili “senili” (Fig. 2, 3, 4, 6).
Ripristino del rapporto intermascellare verticale
Per realizzare la nuova riabilitazione ci si è avvalsi delle protesi pre-esistenti, utilizzate come valido ausilio per progettare le nuove protesi (Fig. 7). Sono state utili per ricostruire il rapporto intermascellare verticale.
A tale scopo, in posizione di riposo sono stati segnati due punti di riferimento per misurare la distanza, che di solito si trovano a due–quattro mm dal punto di contatto occlusale nella normale posizione di intercuspidazione (Fig. 8, 9). All'esame per la ricostruzione del piano occlusale era evidente che le protesi pre-esistenti presentavano un piano occlusale estremamente disparallelo rispetto al piano di Camper. Questo piano viene definito bilateralmente sulla testa e collega il bordo inferiore dell'ala del naso al centro del condotto uditivo esterno (trago) nella parte anterolaterale dell'orecchio esterno (Fig. 10). Questi parametri si differenziano in realtà in misura limitata dai punti di riferimento definiti sul cranio, tanto che nella prassi quotidiana tale differenza si è rivelata una varianza trascurabile dell'occlusione sul piano sagittale, sia per le protesi totali a supporto mucoso che per le ricostruzioni overdenture su impianti. Il piano di Camper e il piano occlusale sono paralleli e distano mediamente circa 34 mm. Per stabilire e verificare il parallelismo si è ricorso ad una forcella occlusale o un occlusometro. Questo strumento ausiliario mostra all'esterno del cavo orale l'inclinazione del piano su cui occluderanno le successive protesi.
Nel caso in questione si riconosce chiaramente il disparallelismo dei due piani per la protesi impiegata nell'arcata superiore. Il piano occlusale è inclinato in basso verso destra e non è parallelo al piano di Camper, ossia frontale e leggermente ventrale. Questo disparallelismo ha causato la formazione di punti di pressione e ulcerazioni che, nel caso in questione, hanno portato nel lungo termine ad atrofia ossea e ad una sindrome di KELLY. L'impiego di una pinzetta chirurgica ha permesso di dimostrare la connessa mobilità della mucosa nella paziente (Fig. 11, 12). Come prima cosa è stato quindi necessario creare il parallelismo tra il piano di Camper e il piano occlusale con l'applicazione di composito polimerizzante a freddo per corone e ponti provvisori. Le superfici interessate dei denti artificiali pre-esistenti sono state preventivamente pulite e provviste di ritenzioni (Fig. 13). La porzione posteriore della protesi è stata adattata al piano di Camper (Fig. 14) similmente ad una preparazione per bite con allineamento posteriore. In questa fase sono stati adeguatamente allungati i margini incisali dei frontali superiori in quanto troppo corti sia sotto il profilo fonetico sia sotto quello estetico. Per quantificare meglio in questa fase l'incremento della dimensione verticale ci si è avvalsi anche di fotografie della paziente in età giovanile, scattate prima del declino morfo-funzionale di entrambi i mascellari.
Rifinita e lucidata la protesi superiore dopo la correzione in verticale, è stata adattata ugualmente la protesi inferiore (Fig. 15), poiché la posizione di riposo scelta come riferimento differiva chiaramente da quella occlusale più di due mm. Dopo il ripristino dei corretti valori empirici e funzionali della dimensione verticale, si è proceduto al condizionamento della mucosa superiore, che ha richiesto un'impronta funzionale di lungo periodo. A tale scopo è stato impiegato il materiale FITT (KERR) e la protesi è stata portata per la durata di circa quattro settimane (Fig. 16, 17, 18, 19). La protesi superiore è stata scaricata e svuotata in maniera marcata nella regione della premaxilla, dove il tessuto fibro-mucoso era ampiamente interessato dalla formazione della sindrome di KELLY.
Tale accorgimento ha inoltre permesso di non sollecitare ulteriormente questa zona già da tempo sottoposta ad eccessivo stress da carico sugli assi antero-posteriore, supero-inferiore e latero-laterale.
Fig. 16 e 17: Protesi dopo l'adattamento secondo il piano di Camper
Ribasatura di lunga durata
Il materiale da ribasatura è stato sovraesteso e applicato in una consistenza più fluida. Dopo circa un mese e dopo almeno quattro controlli clinici erano riscontrabili soddisfacenti risultati, ovvero una stabilità protesica chiaramente aumentata, l'assenza di noxae irritative a carico della mucosa, nonché un'impronta funzionale con la forma della protesi superiore utilizzata, che garantiva per altro una posizione inter-occlusale terapeuticamente valida.
Realizzazione delle mascherine
È stato realizzato il modello funzionale in gesso extra duro a base sintetica di tipo IV e successivamente sono state costruite le mascherine in silicone sia vestibolarmente che lingualmente (Fig. 20). Dopo la realizzazione della base della protesi con resina polimerizzante a freddo si è proceduto a colare le mascherine in silicone con AESTHETIC WAX HARD (CANDULOR). Per il modello inferiore, data la presenza degli impianti è stata realizzata una presa d'impronta tradizionale. Sul modello funzionale è stata realizzata la mascherina occlusale (Fig. 21). Nella successiva fase clinica sono stati determinati i rapporti intermascellari, ma solo sul piano orizzontale, poiché tutti gli altri riferimenti, come il piano occlusale, la linea mediana, la linea dei canini e la linea del sorriso, erano stati precedentemente rilevati congruamente e correttamente durante la determinazione della dimensione verticale con l'ausilio delle protesi correntemente portate (Fig. 22, 23).
I modelli funzionali sono stati orientati centralmente in articolatore con un silicone modellabile e dimensionalmente stabile per consentire la realizzazione delle mascherine per la registrazione intraorale dei perni di supporto da utilizzare nella successiva marcatura dell'arco gotico; per questa preparazione è stata mantenuta invariata la dimensione verticale già impostata (Fig. 24). Per stabilizzare il perno di registrazione rispetto alle forze verticali attive durante la registrazione, su entrambi i lati del modello mascellare è stato stabilito il punto più profondo della cresta; tale punto è stato poi segnato sulla superficie esterna del modello (Fig. 25). La piastra di tracciatura è stata montata nell'arcata inferiore riscaldando e comprimendo delicatamente in sede la cera. Il riferimento verticale è la posizione zero del perno di supporto dell'articolatore quando il vallo in cera superiore e quello inferiore sono paralleli tra loro. È necessario verificare che i due valli in cera siano congruenti. Successivamente, si monta la piastra a farfalla superiore per l'attacco del perno di registrazione. A tale scopo si svita leggermente il perno metallico di registrazione in modo da far sporgere la punta del perno; ciò consente di controllarne la posizione già durante il montaggio mediante il punto di contatto sulla piastra di tracciatura inferiore. A tal fine si riscalda la piastra e la si comprime con cautela sul vallo in cera superiore. Il punto di contatto di verifica dovrebbe trovarsi idealmente sulla linea che collega i due punti più bassi della cresta alveolare laterale inferiore (Fig. 26, 28, 29, 30, 31). A questo punto, per consentire movimenti della bocca laterali e protrusivi indisturbati e controllabili visivamente, si taglia il vallo in cera superiore senza tuttavia modificare la dimensione verticale dell'occlusione (Fig. 32, 33, 34).
Registrazione dei perni di supporto
Per preparare la registrazione intraorale dei perni di supporto, si marcano sulla paziente i punti dell'asse delle cerniere e le pareti esterne dei tubercoli articolari del temporale in modo da allineare anatomicamente l'arco facciale, eseguire la corretta registrazione dell'inclinazione sagittale del tragitto condilare e garantire la corrispondenza tra l'asse delle cerniere dell'arco facciale e quello dell'articolatore. Si sono affermati due metodi per stabilire l'asse cerniera condilare: uno statico e uno palpatorio.
Secondo il metodo statico l'asse cerniera condilare si trova a circa 13 mm dalla linea tra l'angolo temporale della palpebra e il trago. Per il metodo palpatorio, quello utilizzato in questa sede, si invita la paziente ad eseguire piccoli movimenti mandibolari per consentire la palpazione della posizione dei condili con il mignolo nell'area del tubercolo articolare del temporale davanti al trago (Fig. 36, 37). Come arco facciale con registrazione dell'inclinazione sagittale del tragitto condilare è stato impiegato il DYNAMIC FACEBOW secondo GERBER (GERBER CONDYLATOR). Si tratta di un arco facciale cinematico la cui corretta posizione viene stabilita mentre la paziente assume senza sforzo la (massima) retrusione, in modo da allineare le punte provviste di mine di tracciatura con i punti di riferimento segnati sulla pelle. In questo caso si segue preferibilmente la “regola dell'orologio” per controllare l'individuazione dell'asse cerniera (Fig. 38, 39).
Misurazione dell'inclinazione sagittale del tragitto condilare
Per registrare l'inclinazione sagittale del tragitto condilare, si posizionano schede di registrazione (Fig. 40) tra la mina di tracciatura e la pelle in modo che le linee siano parallele all'asta di riferimento dell'arco facciale (indicatore del piano occlusale) e, quindi, parallele al piano occlusale. Nel caso in questione, la paziente è stata invitata ad eseguire movimenti protrusivi a bocca chiusa. Questa procedura è stata ripetuta in linea di massima tre volte in modo da calcolare la media dei valori dell'inclinazione sagittale del tragitto condilare. In questo caso è importante la cosiddetta porzione “funzionale” della registrazione, poiché questa corrisponde al verosimile scorrimento dei condili sul tubercolo articolare del temporale.
Registrazione intraorale dei perni di supporto
Successivamente, è stata effettuata la registrazione intraorale dei perni di supporto, tracciata sul piano orizzontale (Fig. 41). Con l'ausilio di questa registrazione si definisce la posizione orizzontale (sagittale e trasversale) dell'arcata inferiore rispetto a quella superiore come posizione "terapeutica" (Fig. 42, 43). Tale posizione viene stabilita confrontando la centrica neuromuscolare e il vertice dell'arco gotico. La piastra di tracciatura (arcata inferiore) viene dapprima colorata, poi si invita il paziente (nel nostro caso la paziente) ad eseguire movimenti eccentrici (protrusione e laterotrusione verso sinistra e verso destra). Questi movimenti tracciano il cosiddetto arco gotico mediante il perno di supporto (nell'arcata superiore) sulla piastra di tracciatura posizionata nell'arcata inferiore. Si preleva la mascherina di registrazione inferiore e si tracciano sopra due linee: linea di protrusione e linea trasversale alla punta della freccia. Sarà così possibile re-individuare il vertice e confrontarlo con la centrica neuromuscolare. A tale scopo si colora nuovamente la superfice dell'arco gotico prima del reinserimento in bocca. È stato quindi chiesto alla paziente di eseguire piccoli movimenti di apertura e chiusura in rapida successione per stabilire il suo punto di chiusura neuromuscolare.
La centrica neuromuscolare si trova di norma in una posizione più avanzata (anteriore) di 0,5-1 mm rispetto al vertice dell'arco gotico (Fig. 44). Se vertice dell'arco gotico e centrica neuromuscolare non distano più di 0,5 mm, come in questa paziente, si fissa un dischetto in plexiglas al vertice dell'arco gotico (Fig. 45, 46). Se distano più di 0,5 mm, si cerca una posizione intermedia, definita “terapeutica”, che si trova tra vertice dell'arco gotico e centrica neuromuscolare. Questa posizione deve essere tuttavia confortevole per il paziente.
Per finire, si fissa la posizione in una chiave, in questo caso realizzata con gesso per articolatore a presa rapida, con cui è stata precedentemente riempita una siringa per l'applicazione (Fig. 47). Dopo la realizzazione della chiave contenente le informazioni delle mascherine di registrazione, si procede al trasferimento in articolatore (Fig. 48). Per trasferire i modelli nell'articolatore si sostituiscono le mine di tracciatura con astine metalliche di riferimento sull'arco facciale secondo GERBER. Durante il posizionamento delle punte delle astine nell'asse della cerniera dell’articolatore occorre prestare attenzione che le astine siano sempre parallele al piano di lavoro. Durante l'indurimento del gesso possibilmente a bassa espansione e dopo la rimozione della cera dalle due piastre metalliche (piastra dei perni di supporto e piastra di tracciatura), nell'arcata superiore sono state utilizzate le chiavi in silicone per ripristinare la parte rimossa per la registrazione dei perni di supporto e per portarla a contatto con il vallo in cera inferiore (Fig. 49, 50).
Analisi dei modelli
Successivamente, in laboratorio è stata effettuata l'analisi dei modelli per il montaggio in cera. A tale scopo, avvalendosi del profilometro è stato trasferito il profilo della cresta alveolare sulla superficie esterna del modello inferiore da entrambi i lati (Fig. 51, 52). Sono state segnate le posizioni del 4° e del 6°, poi ugualmente trasferite sulla superficie esterna o sul bordo del modello (Fig. 53, 54, 55). È stato stabilito il centro della papilla incisiva per la linea CPC, quindi la linea è stata prolungata sul bordo del modello (Fig. 57, 58). È seguito il controllo del profilo crestale bilaterale per verificarne il parallelismo o la divergenza. È stata stabilita anche la linea di stop. Secondo GERBER, per evitare il fenomeno del "proglissement" durante lo scivolamento sagittale frontale e caudale, è necessario non posizionare alcuna unità masticatoria in occlusione dietro questa linea, poiché, come nel nostro caso a causa degli impianti, comporterebbe un'usura prematura dell'elemento ritentivo.
Nella successiva fase di analisi dei modelli si valuta se si è in presenza di normo-occlusione o “cross bite” e si controlla se la cresta alveolare è disto- o linguo-inclinata (Fig. 56). Sicuramente, un occhio esperto è in grado di rilevare professionalmente come risolvere la situazione in pochi minuti e con poche operazioni, riconoscendo come e dove devono essere posizionati i denti anteriori e posteriori. Tuttavia, è opportuno registrare e documentare quante più informazioni possibili. Ciò consente di rendere meglio prevedibile la realizzazione della protesi nella fase di montaggio (Fig. 59, 60), pur impiegando più tempo, e di evitare errori.
Fig. 60: Linee nere = andamento sagittale della cresta alveolare / Linee verdi = riferimenti al piano di Camper / Linea blu verticale = punto più profondo della cresta residua / Linea blu obliqua = riferimento ai 25° / Linea rossa = linea di stop / Cerchio rosso = linea di stop superata, poiché la linea rossa supera i 25° contrassegnati dalla linea blu obliqua
Montaggio in cera
Successivamente all'analisi dei modelli è stato effettuato il montaggio dei denti secondo la "teoria condilare" formulata da GERBER. Anche e soprattutto nel caso in questione, i denti posteriori sono stati montati in occlusione dente a dente, coerentemente al principio di GERBER.
Con la precedente funzionalizzazione della protesi pre-esistente è stato realizzato un vallo identico sulla protesi provvisoria. Ciò ha permesso di utilizzare come guida il vallo in cera durante il montaggio dei denti. A questo scopo, in laboratorio è stato sviluppato un pratico ausilio di montaggio degli incisivi superiori per il "wax-up", che consente di riscaldare localmente la cera e di montare rapidamente l'incisivo artificiale (Fig. 61, 62, 62A). Questa procedura è stata applicata in maniera analoga fino ai canini (Fig. 63). Successivamente, si è proceduto a montare gli anteriori inferiori e i canini in allineamento sovrapposto (Fig. 63A).
Come menzionato, il montaggio dei posteriori è stato eseguito secondo la metodica di GERBER nel rapporto dente a dente; i posteriori occludono cioè lingualmente secondo il principio mortaio-pestello nello schema dei contatti BC. Questo approccio si fonda sulla teoria condilare, secondo cui le superfici occlusali rispecchiano il rapporto condilo-fossa. Fanno eccezione i primi premolari, le cui cuspidi buccali inferiori occludono nelle fosse superiori, come nel caso dei denti posteriori CONDYLOFORM (CANDULOR) utilizzati nel nostro caso. Seguendo il vallo in cera superiore, sono stati montati i posteriori partendo dai primi premolari inferiori, posizionati un po' più in alto rispetto al piano occlusale (principio mortaio-pestello a rovescio). La metodica di GERBER attribuisce particolare importanza al montaggio di questi due denti. Poiché i premolari sono i più vicini ai canini, le cuspidi buccali inferiori portanti presentano un solo punto di contatto nella fossa superiore (principio mortaio-pestello a rovescio). Ciò potenzia la forza di taglio dei canini. La stabilità della protesi viene così aumentata, poiché i primi premolari sono posizionati in modo tale che le forze vengono spostate in un'area centrale più arretrata della cresta alveolare, che risulta più adatta al carico masticatorio. Ciò non sarebbe possibile se i canini avessero un'azione lacerante e non un'azione di taglio come nei denti anteriori PHYSIOSTAR (CANDULOR).
Serie di denti posteriori sul lato sinistro
Sempre seguendo il vallo superiore e facendo in modo che solo le cuspidi palatali fungano da cuspidi portanti, sono stati montati i secondi premolari e i molari inferiori. In questo caso, secondo il principio di GERBER occorre garantire in linea di principio che la forza venga diretta sempre perpendicolarmente alla cresta alveolare residua. In pratica, il montaggio segue il corridoio di cresta alveolare o la linea statica, che è contrassegnata da un tratto nero sul bordo del modello. Per effettuare un controllo preciso e affidabile è indicato l'uso dello STATIC POINTER (CANDULOR) (Fig. 64, 65, 66, 67), il cui puntatore laser indica la direzione della forza occlusale del dente sulla linea statica, e quindi sulla cresta alveolare, e può quindi essere utilizzato in modo rapido e chiaramente verificabile per ottenere una stabilità occlusale autonoma. Segue il montaggio dei molari superiori. Dopo aver posizionato la linea di stop e tenendo conto del supporto implantare dell'overdenture inferiore, è parso opportuno e funzionalmente logico rinunciare nel caso in questione a un primo molare superiore sul lato sinistro e montare un altro secondo premolare superiore (Fig. 68, 69). Si è voluto cioè dirigere la forza masticatoria parallelamente alla linea di stop rossa come linea di demarcazione per l'inizio del ramo ascendente della mandibola e, quindi, staticamente e stabilmente sulla cresta alveolare inferiore, in modo da evitare il fenomeno di proglissement. Questo principio vale di solito per l'arcata inferiore, ma non si può escludere, soprattutto in presenza di una sindrome di KELLY, che possa essere indicato anche per l'arcata superiore.
Come mostra il caso descritto, può essere necessario effettuare il montaggio dei denti in modo diversificato tra i due lati, seguendo sempre la stessa regola di base, cioè quella della stabilità occlusale autonoma.
Fig. 69: Vista linguale dell’occlusione
Serie di denti posteriori sul lato destro
Sarebbe stato necessario montare il primo premolare inferiore a destra in relazione centrica, in posizione chiaramente linguale, per dirigere la forza sull'antagonista (dente 14) verso il centro della cresta alveolare (Fig. 70, 71, 72, 73). Ciò avrebbe tuttavia messo in discussione il suo contatto con la guancia e impedito di raggiungere la zona neutra e stabile per la masticazione. Montare i denti su creste alveolari atrofizzate e incongruenti significa spesso non ottenere un adeguato contatto con la guancia e restringere l'area di azione della lingua.
In queste condizioni viene a crearsi uno spazio libero tra la guancia da un lato e i denti artificiali e la superficie esterna del corpo protesico dall'altro. In questo spazio tendono ad accumularsi particelle di cibo, che la guancia ha difficoltà a riportare nella zona di masticazione tra le arcate dentarie. Lo spazio libero presente tra guancia e denti impedisce inoltre al muscolo buccinatore (M. buccinator) di neutralizzare la forza esercitata dalla lingua verso l'esterno. La zona neutra delle arcate dentarie naturali si forma sotto l'influenza di fattori genetici e per l'effetto di forze esercitate dalla muscolatura della lingua, delle labbra e delle guance durante l'eruzione dei denti. Il lavoro masticatorio dura per tutta la vita e continua anche dopo la perdita dei denti o delle strutture masticatorie. In quest'ultimo caso, nel cavo orale si forma uno spazio libero, il cosiddetto “spazio interarcata”, nel quale si trova la “zona neutra”. Questa zona può essere definita come "l'area in cui durante la funzione masticatoria le forze della lingua che agiscono verso I'esterno sono neutralizzate dalle forze delle guance e delle labbra che agiscono verso l'interno". Tali forze non esplicano la loro azione solo durante la masticazione, ma anche durante l'eloquio e la deglutizione.
Per questo motivo è molto importante posizionare o dimensionare i denti artificiali e le superfici esterne della protesi all'interno della zona neutra, poiché ignorando questo aspetto si esporrebbe la protesi a continue spinte orizzontali, che potrebbero causare ulteriori danni alle creste alveolari, come è accaduto a questa paziente con la sua precedente riabilitazione protesica inadeguata. Per ottenere un contatto occlusale staticamente corretto e un contatto con la guancia miodinamicamente adeguato, abbiamo deciso di abbandonare i normali schemi di montaggio e di montare un quinto superiore a destra invece del quarto inferiore a destra (Fig. 74, 75, 76, 77). Lo scopo era quello di mantenere rapporti staticamente stabili su entrambi i lati. Inoltre, la parte ascendente del ramo mandibolare su questo lato dell'arcata ha imposto di rinunciare al primo premolare (Fig. 78, 79, 80). Il montaggio su questo lato dell'arcata è stato effettuato in modo staticamente coerente in morso incrociato, vale a dire lavorando le cuspidi buccali inferiori a forma concava per le cuspidi buccali superiori quali cuspidi portanti.
Fig. 77: Vista linguale dell’occlusione
Costruzione dell’Ancoraggio dell'overdenture inferiore (Mdt. Salvatore Chimenz)
Una volta seguita la prova estetica, si passa alla fase ritentiva, all'adattamento degli spazi per il manufatto protesico inferiore. È stata esposta la scelta di una stabilità occlusale autonoma, quindi abbiamo adottato un sistema ritentivo ad appoggio mucoso e ritenuto da impianti. La soluzione attuata è la più semplice in fatto di ritenzione sicura, vantaggiosa ai fini della stabilità e accettabile sotto l’aspetto psico-fisico per la paziente.
In funzione di questo principio e della situazione clinica, gli attacchi non devono compensare eventuali scivolamenti sagittali, il cosiddetto fenomeno di “proglissement” del corpo protesico, come sarebbe accaduto con un carico su un piano inclinato a causa di un'usura precoce della parte ritentiva e delle cappette, e con il rischio di insuccesso protesico (Fig. 80A). Sono stati preparati due pilastri in titanio della ditta RHEIN 83 con tragitto transmucoso customizzato (Fig. 81) e attacco Ot Equator, sui quale è stata confezionata una barra passiva con sistema SEEGER.
Per la costruzione della barra è stato determinato il senso di inserimento (Fig. 82, 83) che, nel nostro caso, è coinciso con il piano occlusale. Questa condizione serve a far lavorare gli attacchi in maniera orizzontale e ad evitare un’usura precoce della parte ritentiva. Costruite due mascherine in silicone, versanti linguali e vestibolari per la determinazione degli spazi residui (Fig. 84, 85) in cui dovevano essere alloggiate la barra e la controparte di rinforzo, sono stati posizionati i contenitori SEEGER polimerizzabili (Fig. 86), poi uniti insieme con resina da modellazione autopolimerizzante, dando forma alla barra. Dopo l’indurimento, la barra è stata divisa e i segmenti ottenuti sono stati uniti con una piccola quantità di acrilato per ottenere il massimo controllo della retrazione.
Con l’ausilio di un parallelometro sono stati montati gli attacchi Ot Cap Normo polimerizzabili (Fig. 87, 88) che, rispetto ad altri sistemi, presentano una sfera a testa piana e una cappetta elastica con interno sferico. Ciò consente, durante la masticazione, un cedimento verticale che in alcuni casi si armonizza con il cedimento gengivale, grazie anche alla sensibilità delle cappette in nylon, che agiscono in modo appropriato in ambiente umido.
Il profilo è stato modellato in cera (Fig 89). Con le metodiche classiche e tradizionali avremmo dovuto colare separatamente la barra, adattarla, lucidarla e poi costruire su di essa la sovrastruttura, ma, adottando opportuni accorgimenti, è possibile costruire e realizzare in metallo la controparte già in questa fase.
Applicando uno strato di teflon a nastro è stata creata un’intercapedine (Fig. 90) che è servita a far sì che la controparte non fosse in contatto con la barra in virtù della resilienza voluta (Fig. 91, 92, 93). Tale fenomeno aumenta in maniera controllata dopo la lucidatura della barra (Fig. 94, 95). L’esperienza porta alla convinzione che in molti casi si ottiene una stabilità con adattamenti minimi e tutto questo ad un costo relativamente contenuto (Fig. 96).
Finalizzazione e polimerizzazione della resina (Mdt. Vittorio Capezzuto)
Per la finalizzazione in resina delle protesi ci siamo affidati alla sistematica ad iniezione con l’ausilio di muffole ALU BIG (TRANSFORMER). Le protesi sono state tuttavia precedentemente caratterizzate cromaticamente con AESTHETIC COLORS (CANDULOR) (Fig. 97, 98, 99). Sono state effettuate polimerizzazioni intermedie per fissare adeguatamente la prima parte della resina PMMA e per migliorare il controllo della retrazione e di eventuali spostamenti durante la successiva fase di iniezione. Con una siringa è stata iniettata la resina polimerizzante a freddo AESTHETIC BLUE nel COLORE 34 (Fig. 100), che è stata fatta indurire per 30 minuti a 60 °C in un apparecchio per polimerizzazione. Durante la polimerizzazione le resine polimerizzanti a freddo raggiungono una temperatura superiore ai 100 °C, quindi si utilizza acqua a 60 °C per raffreddare la resina e non dover temere un'eccessiva retrazione dopo la polimerizzazione.
Fig. 98 e 99: Caratterizzazione dello scudo labiale con AESTHETIC COLORS, resina PMMA più chiara nel colore 53 per la zona aderente della mucosa, resina PMMA più rossa nel colore 55 per l'area più vascolarizzata, colorata in modo accentuato con AESTHETIC INTENSIVE COLORS; tutte le masse di caratterizzazione devono essere tuttavia premiscelate con resina PMMA base nel colore 34
Dopo la smuffolatura e prima della separazione dai modelli, le protesi realizzate in resina (PMMA) vengono riposizionate in articolatore con i punti di repere montati, precedentemente utilizzati per orientare i modelli e regolare l'articolatore, allo scopo di ricontrollare i contatti occlusali nella riocclusione (Fig. 101, 102). Si è accertato che l'altezza verticale era rimasta invariata. È stato effettuato un molaggio selettivo (Fig. 103, 104) per eliminare piccole incongruenze dovute all'inserimento nella muffola.
Anche con l'iniezione della resina PMMA possono verificarsi minimi spostamenti. Si è quindi proceduto a bilanciare le superfici occlusali per ottenere una centrica lunga ed estesa, assolutamente necessaria per i contatti con gli antagonisti. Sono state verificate la laterotrusione, la protrusione (Fig. 105, 106, 107) e la retrusione; quest'ultima può essere simulata con l'ARTICOLATORE CA 3.0 (CANDULOR) (Fig. 108, 109).
Dopo aver ottenuto una perfetta occlusione secondo i parametri clinici funzionali, le protesi sono state separate dai modelli.
Rifinitura e lucidatura delle protesi
Il precedente controllo dello spessore delle pareti e la caratterizzazione cromatica inserita hanno permesso un elevato grado di prevedibilità e un minor fabbisogno di correzioni tecniche grazie agli schemi di colorazione dettagliati (CANDULOR). Successivamente, le protesi sono state immerse in acqua per 12 ore, dopo di che sono state rifinite e lucidate con il manipolo. La lucidatura è stata effettuata con pietra pomice e pasta lucidante KMG raccomandata dal produttore della resina per palati (CANDULOR) (Fig. 110, 111, 112).
Inserimento degli attacchi, rifinitura
Terminata la finalizzazione delle protesi, la barra è stata connessa agli attacchi Ot Equator posizionando i SEEGER definitivi (Fig. 113). Questo sistema è studiato infatti per permettere la costruzione di barre su elementi terziari con connessione passiva. La protesi totale superiore e l'overdenture inferiore sono state consegnate all'odontoiatra, che ha provveduto a verificare la precisione delle basi protesiche in situ sulla mucosa utilizzando COLTENE PSI e ha controllato nuovamente l’occlusione con l'ausilio di cartine occlusali (Fig. 114). La paziente è rimasta molto soddisfatta delle sue nuove protesi e ha espresso all'équipe terapeutica tutto il suo riconoscimento per aver ritrovato una perfetta funzione masticatoria e il suo aspetto di una volta (Fig. 115, 116 e 117 sinistra e destra). Tutto questo è stato accolto con soddisfazione dall'équipe protesica quale ricompensa ideale del lavoro svolto.
Fig. 115: Sinistra - Foto della paziente al suo matrimonio; Destra - Confronto con la nuova riabilitazione protesica totale
Fig. 116 e 117: Ricostruzione protesica in situ
Conclusioni
Riabilitazioni protesiche difettose ed esteticamente inaccettabili, in parte eseguite con materiali "obsoleti", la mancanza di controlli periodici e la crescente aspettativa di vita ci obbligano ad affrontare sempre più spesso problematiche di crescente complessità. La pianificazione, l’attenta analisi, la scelta dei materiali appropriati e l’interazione studio-laboratorio sono un requisito fondamentale per la realizzazione di riabilitazioni rimovibili di lunga durata, sia a supporto mucoso che su impianti. I fattori summenzionati hanno avuto molta rilevanza nel caso descritto in questa sede. Da questa esperienza traiamo la conclusione che il benessere del paziente viene sempre prima di tutto. Proprio per questo non è obbligatorio cercare a tutti i costi soluzioni dispendiose, complesse e raffinate oppure dettate dalla moda del momento. Anche soluzioni (relativamente) semplici, ma realizzate coscienziosamente, restano durature, funzionali ed esteticamente valide.
Odontoiatra responsabile: Dott. Gennaro Galasso, Studio Medico Dentistico Chirurgodent di Cassino (FR)
Realizzazione odontotecnica: Mdt. Salvatore Chimenz, Laboratorio Odontotecnico, Scauri (LT)
Si diploma alla scuola per odontotecnici di Cassino (FR), titolare di laboratorio dal 1994, si è sempre occupato prevalentemente di protesi totale.
Ha maturato la propria esperienza seguendo la filosofia del prof. Gerber frequentando numerosi corsi di aggiornamento nell’ambito nazionale e in Svizzera a Zurigo.
Nel 2015 ha collaborato con l’ANTLO Campania con il progetto "Girovagantlo", nello stesso anno si classifica 2° al primo concorso Trasformer con "Protesi totale con sistematica Trasformer".
Coautore del libro Teamwork-media "Aspetti clinico-tecnici nella protesi combinata".
Dal 2017 collabora con Candulor in qualità di referente tecnico sul territorio nazionale, con corsi e Workshop sulla metodica del Prof. A. Gerber, nello stesso anno collabora come "Tutor esterno" presso l’istituto per odontotecnici "Alfonso Casanova" – Napoli, con il progetto "Donare un sorriso a chi soffre", si classifica 5° al concorso internazionale calendario "Create the best Candulor".
Attualmente lavora presso il suo laboratorio odontotecnico in Sparanise (CE).